Ciao a tutti.

Dopo i bagordi pasquali, ho pensato di somministrarVi un altro ricordo del Pagliaio, quando si vedeva epico interprete della sua leggenda di Pendolare.

“Binario 1, ore 7.32 a.m.
Le truppe sono schierate sul marciapiede.
Gli sguardi guizzano, i piedi scalpitano.
C’è chi fa stretching, chi adotta piastre di metallo sulle parti sensibili. Yuppies indossano sospensori borchiati, anziane signore mulinano borse con aria minacciosa.
Qualcuno usa il cioccolato della brioche, conquistata con la forza al bar gremito, per tracciarsi segni di guerra sul viso.
L’attesa del treno è per il pendolare una specie di Caporetto: la lotta all’ultimo sedile è senza quartiere, non esiste precedenza concessa per questioni di sesso o di età.
Mors tua, vita mea.
Il treno entra in stazione con uno stridio di freni che neanche uno pterodattilo con le emorroidi.
È il segnale.
A questo punto, ci sono tre cose che il Pendolare non deve dimenticare:
1. Mai rimanere nella zona mediana del marciapiede: il grosso della fanteria avversaria attaccherà in quel punto, seguendo lo schema “branco di pecore”. Meglio decentrarsi;
2. Il treno potrebbe avere una/due carrozze chiuse, o chissà, essere strapieno di scolaresche: posizionarsi in un punto strategico per muoversi più velocemente alle spalle della marmaglia, quando questa si assieperà ovina oltre la sottile linea gialla;
3. Correre, correre, correre.
Il convoglio si ferma.
Le porte si aprono con ghigliottinesca maestà.
La horde è trattenuta allo spasimo, mentre attende che il Passeggero Superbo scenda. In questa fase egli è come un civile di un paese nemico. Lui lo sa, e i suoi passi nella discesa sono guardinghi, non privi di un certo sadico piacere. La folla bela-ruggisce.
E poi, non so se avete presenti i gradini di certe carrozze. Stretti e altissimi. Ecco.
Le alpi e gli elefanti.
Innumerevoli le vittime ad ogni assalto: se fate attenzione, noterete articolazioni e canini incastonati nell’acciaio crudele di quelle trappole mortali, a monito per le generazioni future e ad imperitura memoria del caduto. Il treno è per molti, non per tutti. Una selezione naturale, un inno al trionfo del più forte.
E non è detto che la Vecchietta Arcigna si trovi sempre svantaggiata: sfuggente ed astuta come un coguaro, approfitta dell’aura d’anzianità che la circonfonde per scalzare dalla vetta del gradino chiunque vi si trovi, ingenuo esitante, e scaraventarlo di sotto, ringhiando con il suo scalpo in mano: «I giovani al giorno d’oggi sono solo dei gran maleducati!»”

Ricordi delle 7.30

Un pensiero su “Ricordi delle 7.30

  • 20/04/2017 alle 14:03
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    Lol, e non dimentichiamo l’attenta scansione delle carrozze mentre ti passano davanti in frenata, atta a selezionare il bersaglio più raggiungibile. Ci vuole una capacità di processo delle immagini che solo un quad-core con un sacco di memoria … oppure un vecchio mercenario della linea gialla.

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