Il Pagliaio rapperEra un venerdì e, subite le lezioni del mattino, avevo preso il treno relativamente presto, intorno all’ora di pranzo. Trovai una carrozza quasi vuota e mi accomodai, approfittando della quiete per papparmi un panino. Quindi, decisi di godermi il dolce abbiocco postprandiale, mentre il treno si metteva pigramente in moto.

Ad un certo punto, salirono due ragazzotti abbigliati in stile hip hop. O rap. Non lo so. Perdonatemi se non so bene quale sia la differenza (se c’è), soprattutto a livello outfit.

Comunque.

Questi due esemplari da Bar Mario di Detroit / zona centro storico avevano curato tutti i dettagli: scarpe da skater che facevano luce, bragone molle con cavallo al ginocchio, 2/3 della mutanda in vista, fibbia a foggia di tirapugni, bandana sul cranio rasato tipo mondina al lavoro, cappello da baseball in equilibrio sulla fontanella e catenazze dorate al collo. Insomma, il precipitato fenomenico della dialettica East/West Coast fatto semovenza. Notai subito che la loro fede musicale non si espletava soltanto nell’abbigliamento… si muovevano infatti in modo elastico e scattoso, seguendo una precisa coreografia gestuale che, per risonanza, finì per far dondolare la testa a tempo anche a me. I due intrapresero poi un dialogo decisamente dadaista.

«Yò Brò!»
«Brò, Yò!»
Seguì uno sbattacchiarsi di nocche e di schiaffeggi vicendevoli, stile tirolesi in costume tradizionale alla festa della birra. «Fucking storia oggi, Brò!»
«Yò, ma wazzuppa Brò?»
«Drummo rime, cioè»
«Sì ma sono gangsta?»
«Non mi cala, Brò!»
«Ma sono gangsta o non sono gangsta?»
«Manca fuck’n’money, faccio rime e non mi scanso»
«Fai free? Fai free?»
«Senti il flow, senti il flow, dammi un beat, sei la mia drum machine, bello»
(Uno dei due iniziò a produrre uno sputacchio ritmato)
«(Sput, sput) Yò! Yò! (Sput, sput) Pimpa duro pimpa duro»
«(Sput, sput) Ehi, tipa, tu sì che sei una shit, mi salire il beat (Sput, sput) Ehi, tipo, tu rimi come un emo, io amo come rimo (Sput, sput) Yò, Bro! Tu sucki le mie rime, non stai dentro le mie stime! (Sput, sput)»

Tralascio la cremagliera di “bitch”, “dick” e affini che, sbracciandosi e dimenandosi, emisero in quel frangente. Scesero poco dopo ed io, rinfrancata culturalmente, mi sentii molto privilegiata per aver assistito a quell’inattesa sessione di freestyle.
Entusiasta e molleggiata come un orango con la sindrome di Tourette (non ho mai avuto grande coordinazione motoria), m’incamminai verso casa con l’espressione schifa* dei veri duri.

Poi però la settimana dopo successe la cosa del Gallo Bastardo e le mie velleità gangsta furono brutalmente ridimensionate.
Yo’. Boh.



*(non schiva, intendo proprio con una smorfia sprezzante)

Yo’ Bro’!

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